giovedì 11 agosto 2016

SCRITTORI VERI NON PUBBLICATI SCRITTORI FASULLI PUBBLICATI E SCRITTORI CHE SI PAGANO LA PUBBLICAZIONE

Questi  ultimi fasulli e veri, bisogna aggiungere.

Da un post recente di Annika Lorenzi, cui dedico queste mie considerazioni, è nato un mio commento ed un controcommento -se così si potesse dire- della gentile padrona di casa. Quante categorie di scrittori o presunti tali esistono?

A Scrittori veri e scrittori che credono di esserlo solo perché impapocchiano una cinquantina di pagine.
B Scrittori veri che vengono pubblicati e ne ricavano un compenso.
Scrittori veri che non vengono pubblicati e finiscono col desistere.
Scrittori fasulli che vengono pubblicati per più o meno oscuri motivi.
Scrittori veri che si svenano e pagano per essere pubblicati.
Ciarlatani che dovrebbero andare a scuola di grammatica e sintassi, ma essendo ben forniti di quattrini si fanno pubblicare a pagamento (i più nocivi).

A. Saper scrivere per essere letti non è da tutti. Ognuno ha un suo metodo. Il mio è: non gonfiare la frase di paroloni, complicandola con abbondanza di aggettivi raschiati dal fondo del vocabolario che costringano la media dei lettori a consultazioni convulse del medesimo.
Poi costruzione di frasi a breve respiro, che consentano al lettore di rifiatare. Poi evito accuratamente di descrivere i personaggi dettagliatamente -taglio e colore degli occhi, dei capelli, camminata, postura, foggia degli abiti indossati- perché io come lettore preferisco entrare nei personaggi, immedesimarmi in essi e penso che questo preferiscano la maggior parte dei lettori, pertanto niente dettagli dei loro personaggi preferiti. Descrizione di ambienti e di paesaggi limitate all'essenziale per le stesse ragioni. Che ognuno si sogni il proprio habitat senza dover sgomitare dentro il mio.
Purtroppo esiste un massa di scribacchini che solo pensano al numero delle pagine, come se un libro di 180 pagine fosse un prodotto da serie B. Allora vadano a leggersi "Il vecchio e il mare" di Hemingway, dove non troveranno una sola parola di troppo in una trama praticamente inesistente. Ecco appunto, la trama. Fortunatamente l'ottocento si è definitivamente concluso con la morte dei drammoni a puntate sui quotidiani della domenica, con trame talmente complicate che già alla terza domenica non ci si capiva più niente. Argomenti veloci, niente tesi trascinate per le orecchie, concetti essenziali. Vi sembra scarno? A me no, ma de gustibus non est disputandum nec sputazzandum. Solo che la buona scrittura si traduce in buona lettura. Meditate scrittori, meditate. Non dovete rileggervi da soli ridacchiando beati, ma fare in modo che si beatifichino i vostri lettori.

B.  Scrittori veri ce ne sono certamente ed ottengono la consacrazione della pubblicazione da parte di una Casa editrice, che cura la distribuzione su tutto il territorio nazionale, concludendo la vendita del libro e riconoscendone all'autore la pattuita percentuale, i cosiddetti diritti d'autore. Pochi o tanti che siano si tratta di soldi benedetti costruiti con la sola forza del proprio ingegno e danno tanta ma tanta soddisfazione. E anche questo va messo in conto. 

C. Molti, troppi, scrittori veri non vengono pubblicati dalla così chiamata "Grande Editoria", soprattutto giovani, ma non solo, perché non sono frequentatori dei circoli giusti, non sono amici degli amici e non vengono nemmeno letti dai lettori che ogni Casa editrice ha in abbondanza. Insomma qui in Italia va tutto così, perché meravigliarci se un giovane talento non venga nemmeno letto da uno dei tanti lettori di una grande Casa editrice? Parecchi alla fine desistono ed è andato perso l'ennesimo talento.

D. Gli scaffali delle librerie di tutta Italia sono inondati di schifezze assemblate da pseudo scrittori, che perlopiù mettono solamente il proprio nome, mentre chi scrive la schifezza è solitamente un giornalista il cui nome non comparirà mai, una moderna versione dello schiavo oscuro. Perché costoro vengono pubblicati? Di solito sono attori o attrici che raccontano le proprie avventure amorose e no, oppure politicanti che ci fanno scoprire la luna nascosta del politichese, oppure grandissime mignottone che ci faranno sapere da quanti muscolosissimi masculi hanno fatto strapazzare le proprie lenzuola, ed anche mignottoni perché noi non vogliamo farci mancare niente e di questi tempi due uomini a letto insieme fanno cassa come pure due donne. Insomma mi sono spiegato: la Grande Editoria va a caccia di schifezze che attirino il lettore italico, che si sa adora le sozzerie. E allora sotto con le porcate a centinaia di pagine, tanto in certi casi -una volta letto il titolo cioè e il nome fatidico del pseudo autore o della pseudo autrice- nessuno guarda il prezzo di copertina. Funziona così.  

E. Succede che alcuni autori veri si ribellino all'anonimato e si affidino ad una delle tante, tantissime, troppe piccole Case editrici che pubblicano solo a pagamento. Viene offerto un contratto in cui l'autore si impegna a comperare a prezzo di copertina 200 copie delle 500 che l'Editore pubblicherà. Si va sui 3.000 euro tondi tondi. L'Editore si impegna a pagare le eventuali royalties dalla copia numero 501 in poi e non un soldo sulla prima edizione. Va da sé che con i tremila euro ha già abbondantemente pagato tutte le spese per l'edizione delle cinquecento copie. Potrebbe anche succedere che a parte i parenti e gli amici qualcuno acquisti sto libro e che poi per effetto di un passaparola avvenga il miracolo e si ottengano altre edizioni fino a raggiungere che so un diecimila copie. State certi allora che la Grande Editoria salterebbe addosso all'autore costringendolo a scrivere subito un altro libro, che verrebbe immediatamente portato al successo di almeno un centomila copie e alla vittoria di uno dei tanti premi letterari. Anche in questo caso funziona così.

F. Purtroppo per la stragrande maggioranza degli scrittori a pagamento si tratta di gente in astinenza di regole grammaticali e di punteggiatura con nessuna cognizione sintattica e pochissimo orecchio. Come libri di bassa satira andrebbero bene, oppure per chi volesse punirsi dei troppi peccati commessi ed espiare in silenziosa lettura. Per qualità di argomenti scelti e per la scrittura sono libri da evitare come la peste.
Ho un paio di inediti nel ripiano in basso della mia scrivania. Fino alla fine vedrò cosa mi conviene fare. Forse tradurli in tedesco e tentare con una deutsche Verlag. Se andasse buca brucerò tutto quando sentirò che incominciano a mancare le forze, ma pagare per farli pubblicare mai.

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martedì 2 agosto 2016

LE VACANZE ARRIVANO PER TUTTI

Ringraziando Iddio, che nella sua benevolenza, anche qualora fosse un mito, ce le manda una volta all'anno come minimo. Un mito l'esistenza di Dio, voglio dire, che poi sai che bella fregatura per questi arabi citrulli che alzano il culo e lo cercano nella polvere, tanto è vero che entrano nelle loro moschee a piedi nudi perché la polvere -alias Allah- ci rimanga attaccato. e poi tornando a casa raccolgono la polvere in barattolini di vetro, li sigillano ben bene così hanno frammentini di Allah a disposizione privata. Come i vecchi talebani che credono di avere ognuno potenzialmente la fortunaccia di cacarselo il loro dio, per questo portano quei calzoni larghi, che non si tirano mai giù quando defecano e poi corrono a guardare se per caso in fondo ai loro calzoni ci sia uno stronzo oppure il loro dio redivivo. A ciascuno il suo Dio.
Io non credo nemmeno al pancotto, ma -come diceva la buonanima di mio nonno Vincenzo anca lu- "non si sa mai", per cui werde ich mich überraschen lassen cioè mi lascerò sorprendere quando sarà l'ora e poi buonanotte.
Comunque bando a tristi pensieri e godiamoci ste vacanze che sembra arrivino in gran fretta. Cioè dovremmo partire sabato se nulla hosta, cioè se la signora si decide. 
Si va subito da mia figlia Monica nella bassa friulana, cioè a Cervignano del Friuli, poi una settimana in montagna, dove non so, ma sono già emozionato all'idea, visto che l'unica volta che mi sono fatto una vacanza montagnarda era il 1962, ero ancora un signorino ed appunto con la signorina AnnaMaria stavo vicinissimo a Cortina. 
Eravamo giovani assai e la montagna non ci affaticava per niente. Voglio vedere adesso quante volte mi verrà il fiatone. Faremo passeggiate dove la maggior parte del tempo starò più seduto che in piedi, ma anche lei -che allora era un'esperta perché ogni anno passava un mese in montagna e le conosceva tutte le località famose da Cortina a Pieve ad Auronzo tanto per fare due nomi- adesso viene su piano piano per le scale.
Ah ah, ci divertiremo.
Poi si torna, ma intanto speriamo di vedere il sole che qui latita all'infinito. Sembra scappato via, forse per via della brutta aria che tira. Può darsi che abbia anche lui in uggia i terroristi. Da noi, dice Renzi mentre Alfano fa di sì col capoccione pelato, non succederà niente, no pasaran, perché evidentemente gli passa i soldi lui per le armi e per le scampagnate.
Vedarin, dicono i furlans. vedremo. Intanto veniamo giù poi Dio provvede.
Come vedete con Dio ho incominciato e con Dio finisco. Che stia diventando un soldato di Allah pure io?

sabato 23 luglio 2016

ANGELA SI SENTIVA IN UNA BOTTE DI FERRO

Appunto. Lei aveva fatto le sua cose per benino. Aveva tenuto in gran conto tutti i preziosi insegnamenti di zio Helmut, anzi li aveva applicati come un vangelo al suo modo di fare la cancelliera.
"Ascoltami bene, Mädchen, per prima cosa non fare mai niente contro i russi né contro gli americani. Stai sempre in equilibrio tra Mosca e Whashington. Con la NATO non ti fare mai mettere in mezzo, cioè quando ti chiederanno di mandare nostri soldati a combattere tu rispondi che la costituzione della Bundesrepublik vieta ai tedeschi di mandare soldati fuori dai nostri territori. Loro insisteranno e tu gli mandi vagonate di Marchi. Le azioni militari all'estero costano un occhio e se tu gli mandi i nostri buoni marchi vedrai che si accontenteranno. Tienti buoni i turchi perché qui da noi ce ne stanno a milioni."
Angela avava fatto tutto a puntino, mica come quel fesso di Sarkosi che aveva attaccato la Libia senza dir niente a nessuno; che aveva mandato aerei a bombardare in Afganistan, in Iraq; mica come quell'altro bamboccio di Holland che gli aerei li aveva mandati a bombardare la Siria e guarda tu quello che stava a succedere in Francia da gennaio del 2015, un attentato dietro l'altro. Angela aveva mandato medici ed infermieri della Croce Rossa in Afganistan, due Tornados a fare fotografie in Iraq, nemmeno quelli in Siria e dalla Libia aveva tenute die Finger weg. E guarda qua che situazione idillica che si era venuta a stabilire in Germania, nemmeno un attentato, nemmeno uno.
E poi i suoi rapporti personali con Erdogan, vuoi mettere. Glielo aveva detto in un orecchio l'ultima volta che si erano incontrati, che sapeva che lui stava trafficando con quelli dell'ISIS ma che lei non avrebbe fatto niente. E perché poi? Si chiama Realpolitik, gliel'aveva insegnata anche quella zio Helmut. E poi andava bene anche ad Obama, quindi non si rischiava proprio nulla.
Stava addirittura programmando tutti i dettagli delle sua vacanze, quando un ragazzino di 17 anni in un treno di Würzburg aveva accoltellato gente a casaccio gridando quella frase ormai celeberrima "Allah Akkbar". Ma quello era un ragazzino infagottato di idee strane, liebe Kanzelerin, le aveva assicurato il capo della Polizia e quello dei servizi segreti aveva annuito in silenzio.
E adesso? Chi sono questi che sparacchiano e ammazzano cristiani a München? Come si permettono di guastare il clima beatamente tranquillo di questa nostra bella nazione?
Doveva immediatamente rintracciare al telefono zio Helmut. Lui l'avrebbe saputa istruire come sempre. Si era chiusa nella sua stanza e non mi risulta che ne sia ancora uscita.





lunedì 18 luglio 2016

SENTITE QUESTA.

Questa ve la devo proprio raccontare per farvi capire cosa significa BUROCRAZIA in tedesco.
Due giorni fa il mio portatile comincia a fare tutti i casini possibili e immaginabili: mi passa internet, cioè GOOGLE, me lo ritoglie, mi fa una pernacchia e si spegne. Lo riaccendo e vedo che il Welan non funziona. Attacco il cavo diretto e il mio portatile mi fa una nuova pernacchia.
Dico: è andato a puttane il portatile. Maledetto DELL Inspiron 17 del beatissimo cazzo.
Poi penso che è il Reuter, quello che distribuisce tutto e lo stacco e riattacco e lui dopo cinque minuti è di nuovo a posto, ma mi fa il terzo pernacchione. Allora metto nella custodia il mio portatile e corro da mia nipote in Francia. Lo attacco al suo Reuter, lei ci mette dentro la password e il computer funziona che è una meraviglia.
Ma vatti a far fottere.
Rientro a sera e penso che adesso sia tutto a posto.
Invece a posto è la minghiazza du pupu.
Mi incazzo veramente ma data l'ora tarda direbbe Marzullo me ne vado a letto e au matin ci riprovo. Nunca mal. Paio di preferite bestemmione e tu lassù scendi dal letto pelandrone.
Insomma mi riduco a carta velina. Scrivo un whats app a mia nipote, che mi consiglia, bontà sua di andare a rompere le balle a Vodafone, che da quando ha assorbito Kabel Deutschland non ne azzecca più una buona.
Faccio il fatidico numero. Mi passano di qua e di là come fossi la bambola di Simonetta Strambelli. Finalmente una signorina mi risponde e realizzato che sono proprio io -nome, cognome, data di nascita e codice del cliente cioè il mio- mi dice:
"Ma lei non ha pagato l'ultima bolletta e noi glielo abbiamo staccato".
"Guardi che io le bollette le ho pagate tutte, una addirettura due volte e ancora aspetto i 32,50 euro di ritorno"
"No, l'ultima non l'ha pagata, o meglio l'ha pagata ma decurtandola di 3,91 euro"
"Quei 3,91 euro li avevate già incassati il mese prima"
"No. Erano altri."
"Non mi starà dicendo che avete interrotto internet dopo 15 anni a un cliente senza avvisarlo, senza inviare un sollecito di pagamento"
"Il Manung (sollecito di pagamento) sarebbe costato quasi quanto l'importo"
"Così ve ne siete altamente fregati. E a me chi lo diceva come stavano le cose? Stavo per andare a far riparare a mie spese il computer e quelli gli davano una guardata per poi dirmi che era a posto e spillarmi 50 euro come minimo"
"Avrebbe dovuto subito telefonare a noi e glielo avremmo detto"

Ho riattaccato. Sono andato nella mia Banca ed ho fatto il versamento.
Non vi lamentate della burocrazia italiana. Sono tutte chiaviche. Il sinonimo di burocrazia è IMBECILLITÀ.
Ho telefonato subito dopo dicendo alla nuova che mi è capitata a tiro che avevo pagato l'ingente importo e che PRETENDEVO immediatamente il riallaccio della rete altrimenti domani mattina alle 08,00 sarei stato dall'avvocato.
Formula magica in Deutschland.
Come vedete funziona tutto.
E tutto sto gran casino per tre euro e novantun centesimi.

Tanto per chiarire io pago da oltre 15 anni circa 600 euro all'anno per il flat completo.

mercoledì 13 luglio 2016

LA TUA BICI È NUOVA DI ZECCA


La tua bici è nuova di zecca
e di gran marca, costa una cifra,
non dobbiamo mai
lasciarla nel cortile di notte.
Quando ritorni dai tuoi giri
alla sera, tu mi chiami, io scendo
e la riporto giù in cantina.
Una bella faticaccia e poi domani
di nuovo un'altra per riportarla su,
ma ogni volta tu mi sorridi
e a me questo basta.

Ti lamenti perché devi andare
sempre da sola, ma io
non ho l'equilibrio che tu hai, non sono
mai riuscito a dare due pedalate
seduto su quel trespolo,
nemmeno da moccioso.

In macchina a duecento vado in cima
al pianeta; quando hai paura tu io mi sento
un leone. Occorrono queste differenze
tra noi, altrimenti ci annoiamo.

Oggi sei uscita col sole ma prevedeva
pioggia. Sfido gli dei, hai detto, ma dopo
mezzora è arrivato un nubifragio.
Ritorna giù tutta insieme l'acqua 
evaporata dal grande fiume
in tanti giorni di calura.

Sono salito sulla Meriva e sono venuto
a cercarti. Sapevo dove trovarti:
lungo la stradina dei campi di grano
sotto il cavalcavia dell'autostrada.

Una felice intuizione: ha piovuto altre tre ore.
Portellone posteriore alzato a tutta
la tua bici di marca infilata dentro
di traverso e via di nuovo a casa.

Domani dovremo tornare di nuovo a lavare l'Opel
se non piove, solo se non piove:
mai fidarsi del tempo di questa estate matta.


Maximiliansau, luglio 2016

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domenica 10 luglio 2016

NON SONO STATO BAMBINO

Non sono stato bambino 
quando lo erano gli altri;
senza sforzarmi troppo
lo sono diventato
giorno dopo giorno.

Fortunatamente adesso
so che morirò bambino
sognando il cielo.

Ho consumato scarpe, 
sdrucito pantaloni
scoloriti al sole
camminando lungo
un oscuro corridoio
mentre parlavo tra me e me
ad alta voce
per paura del buio
in perenne equilibrio
sui miei guai.

Io lo so, adesso 
io lo so: continuerò
a conversare con me
ogni momento libero,
reggendomi in equilibrio
su parole aritmiche,
mentre rimango in sintonia
col suono gutturale
della mia gola
chiusa negli Umlaute
di una lingua adottata,

e covertito in un vocabolo
resterò 
sepolto in una pagina polverosa.




Maximiliansau, luglio 2016


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venerdì 1 luglio 2016

ASKLEPIOS KLINIK KANDEL - SCHLAFLABOR - STATION B4

Tutto incomincia durante una notte di venti burrascosi di alcuni mesi fa, parecchi mesi fa, certamente oltre un anno fa, ma sempre di mesi si tratta. Il vento proveniente dalla Francia scuoteva gli alberi minacciando di portarseli via verso l'ignoto. Quel cuor di leone di AnnaMaria non riusciva a chiudere occhio. Fu allora che si accorse con orrore che io non solo ronfavo come un porcospino in calore, ma interrompevo di frequente la respirazione facendo pause eccezionalmente lunghe, le cosiddette apnee. Una dietro l'altra e lunghe tanto che lei iniziò a contare e, a suo dire, per alcune arrivava a più di quaranta.
Bueno, da quel momento fu immolata sull'altare famigliare la residua oasi di pace che mi era rimasta, quella notturna. AnnaMaria si adattò in fretta al ruolo di segugio andando a scandagliare nel profondo i miei itinerari notturni, come era adusa fare una quarantina di anni prima quando pensava ci fossero soffi limacciosi di cornificazione in giro, ipotizzando non a cavolozzo fritto che di notte le difese si allentino e le grandi verità vengano a galla.
Questa volta non di corna si trattava -che cosa può far più questo spavantapasseri, avrà pensato- ma da brava moglie doveva sorvegliare il suo capitale, da cui usciva il suo sostentamento quotidiano, nonché il braccio cui poggiarsi e lo scroto da scassare ogni momento, beata donna. 
E tutta notte, ogni notte, con l'acquisita precisione teutonica aggiunta alla tipica tenacia friulana, ricominciava la conta dei secondi di apnea e le gomitate sue sui fianchi miei per farmi assumere una posizione di alleggerimento e di non strombazzatura.
Sto rendendo l'idea oppure è troppo arzigogolato il linguaggio? 'Nzomma ronfavo e je rompevo le palle e a lei nun je riusciva de dormì. va bene mo? 
E tanto fece, tanto disse e tanto scojonò che alla fine per non sentirla più le promisi di fare qualcosa. Cosa? Qualunque cosa purché la facesse finita. 
Potenza della vita coniugale: un po' per rincoglionimento incipiente, un po' per assuefazione ad una presenza costante accanto a me da tenere buona -nun se sa mai che po succede- un po' per quieto vivere accettai di farmi visitare dal mio otorinolaringoiatra, che è spagnuolo -con la u nel mezzo- col quale scherzo in un misto di italo spanico da mandare in delirio. 
Lui mi affibbiò una macchinetta infernale, da appendere al collo prima di coricarmi, con un paio di sensori aggiunti e un mezzo tubicino di plastica da appoggiare dentro le narici. La macchinetta registrava tutto. Non so come ma riuscii a dormire per oltre quattro ore.
Risultato da fuga nel buio, alla ricerca di un rifugio ancora più buio. Sembra che io avessi una media di oltre 50 apnee all'ora, con puntate fino a 58 secondi, e un minimo di 17 secondi. Solo se dormivo supino, perché su un fianco nemmeno una, ma io dormivo il 90% del tempo per l'appunto supino. Nun te potevi da sbajà. Se fossi riuscito a dormire a bocca sotto, come facevo fino a oltre il compimento dei miei primi quaranta anni, non avrei avuto nessun problema, ma purtroppo non sono più in grado di stare a bocca sotto più di tre minuti.
Il mio specialista madrileno mi fornisce tutte le carte del suo computer e mi indirizza allo Schlaflabor della O.H.N. Klinik dello Stadtlische Krankenhaus di Karlsruhe. Telefono e mi danno un appuntamento per il 16 di giugno. Considerato che eravamo alla fine di aprile insomma stavo nei parametri italioti per intenderci.
Mentre ero al culmine della mia preparazione spirituale all'evento, il 15 giugno mi telefona qualcuno dalla Segreteria per informarmi che dovevamo spostare l'appuntamento di dieci giorni. Dico: e no, cazzo! Gli appuntamenti in Deutschland sono sacri e io vengo domani sera come pattuito. No possible, dobbiamo rimandare. Allora non se ne fa più niente e amen. Disdico tutto con AnnaMaria che ha le lacrime agli occhi. Ecco qui, così ti curi di te stesso e questo è il bene che mi vuoi e tutte quelle cose lì che le donne sanno tirare fuori quando vogliono ottenere qualcosa, e le ottengono perché noi, cari i miei signori, tira e molla siamo tutti dei gran pirla. Basterebbe dire NO, fatti i cavolacci tuoi. Invece si comincia a discutere, e qui già hai perso. Finale. OK! PIANTALA! Adesso telefono a Kandel e vediamo come va.
Kandel è una piccola città, carinissima, ma un vero buco e non puoi immaginare, ma proprio come puoi immaginare, che lì sia sorto il primo Schlaflabor di tutta la Germania, nato nel 1868, quando gli altri ospedali ancora non ce l'avevano nemmeno a Berlino o a Monaco di Baviera. E in questo paesotto di contadini invece sì. E che accoglienza!
Non mi fanno aspettare nemmeno un minuto e mi affidano a una Schwester che mi fa un sacco di domande e mi scova un appuntamento -mi dispiace sa, Herr Iacoponi, ma non si può prima- per il 19 settembre, perché io ad agosto sto in Italy. Ok, vada per il 19 settembre. Ma la Schwester scartabella ancora. Niente. Facciamo così, Herr Iacoponi, se prima che lei vada in ferie dovesse ritirarsi qualcuno io le telefono così la sistemiamo prima. Perfetto, dico ma penso che non succederà proprio niente.
Questo avveniva sabato 25 giugno. La mattina di lunedì 27 arriva una telefonata. Sul display c'è un numero che non conosco, ma il prefisso 07272 è quello di Kandel. Chi diavolo c'è a Kandel? C'è la Schwester Carolina che mi informa che questa sera è libero e se io volessi...e io voglio perché me lo ha detto con tono così gentile e non mi va di mandarla a quel paese. Allora venga per le 13 che facciamo l'ingresso e le iscrizioni, poi se vuole può restare oppure tornare alle 20,30.
Alle 13 entro nel Reparto e alle 13,30 sono fuori. Mi hanno fatto anche vedere dove dormirò la notte e tutto l'ambaradam che dovrò fare stasera. 
Penso a quella volta in Italia a Portogruaro, provincia di Venezia, Nord Italia, che per avere un medico al pronto soccorso per AnnaMaria cui era andata addosso una ciclista polacca, dovetti chiamare i carabinieri dopo tre ore di attesa. E i CC quasi arrestavano me per il casino che avevo montato su.
Morale alle 20,30 torno alla Stazione B4. Mi accompagna in camera una psicologa, che mi fa una anamnesi, estremamente gentile, ma mi stupirei del contrario: io sono un ospite gradito, come sta scritto nella lettera che mi dà con altre carte. Dopo 10 minuti se ne va con l'assicurazione che verrò visitato da un cardiologo. Chissà quando viene, mi interrogo. Dopo nemmeno un quarto d'ora, e qui la sorpresa: entra e mi saluta con un "Buona sera, signor Iacoponi", pronuncia nostrana, direi umbra e non mi sbaglio molto perché è di Sant Elpidio a mare, nelle Marche, posto meraviglioso dove io e AnnaMaria passammo una splendida estate negli anni settanta. Lui non era ancora nato, perché ha 31 anni ed è anche un gran bel ragazzo. Così mi visita e chiacchieriamo sulla situazione della Sanità italiana e del perché lui, che si è laureato a Padova con 110 e lode ed ha fatto con gli stessi risultati la specializzazione, se ne sia andato via: perché non aveva santi in Paradiso e da noi la meritocrazia è una parola etrusca pressoché fuori uso.
Prima delle nove arriva la Schwester della notte, una delle quattro in un reparto dove sono appena 12 "ospiti", che devono solamente dormire. o ronfare se volete, ma loro devono stare davanti agli schermi dei computer collegati...con cosa? E qui viene il bello. La Schwester mi comincia a riempire di sensori e di tubi colorati, rossi, blu e verdi, tutti collegati con un computerino che mi fissa con cinghie al petto. Se si stacca un filo lo sappiamo subito e viene qui una di noi a rimetterlo a posto; lei non si deve preoccupare di niente, dorma e si giri nel letto come meglio crede. Mi faccio un selfie e lo mando alla mia tribù per anticipar loro la faccia da cadavere che avrò quando sarà l'ora, ma difficilmente sarò così imbracato come un astronauta. Squilla il telefono interno ed è sempre la mia Schwester che mi dice di fare alcuni movimenti, colle pupille da destra a sinistra e coi piedi e con le mani e stringendo i denti. Ha controllato che tutto sia a posto e tutto funzioni. Dopodiché mi augura la buona notte. 
Col cavolozzo fritto! E come si dorme combinato come un marziano nello spazio? Fortuna che mi sono portato gli occhiali da vista e un paio di Diabolik, così mi metto a sedere sul letto con le gambe penzoloni fuori. Dopo cinque minuti arriva la mia Schwester. Vuole una pillolina per dormire, un the? Mai preso sta roba. Quanto tempo intende ancora leggere? Cinque minuti, perché? Perché può leggere anche più a lungo ma deve dirmelo che metto il computer in stand by. Oh mamma mia. No no, smetto subito. Non lo so quanto tempo ci metto ad addormentarmi. Me lo dice la mia Schwester al mattino dopo, alle cinque, quando mi viene a togliere l'imbracatura: 67 minuti ci ho messo, in cui mi sono continuamente mosso. Alle nove me ne vado col patto che tornerò alle 20,30 per il risultato.
C'è un'altra psicologa che mi ragguaglia sull'esito. Devo dormire su un fianco per tre mesi e cercare di vedere se nel frattempo mi ci abituo. Per ora devo metter qualcosa di solido sotto la schiena di lato per costringermi a rimanere di fianco durante il sonno, cosa che è possibile perché lo faccio da due notti e tutto fila liscio. Fra tre mesi tornerò per una notte, stesso ospedale, stessa Station la B4, stessa imbracatura, così vedono le differenze e se riesco a migliorare solo col sonno di fianco, altrimenti dovrò indossare una maschera notturna e rassomiglierò ad un vampiro.
Non so come funzioni in Italia ma non credo che abbiano tutto quello che qui si trova anche nei piccoli ospedali. So solamente che ringrazio Dio di avere avuto nel 1971 l'idea di venire a vivere in Germania. All'inizio stavo in gabbia, mi mancava tanto dell'Italia ma adesso so che qui ho l'assoluta tranquillità e la sicurezza di sopravvivenza e di assistenza GRATUITA, perché tutto quello che mi hanno fatto non mi è costato un centesimo. Se volessi potrei fare richiesta alla KrankenKasse per il rimborso del carburante speso per arrivare da Maximiliansau a Kandel e ritorno. Calcolerebbero un tanto a chilometro e la faccenda sarebbe risolta, ma non sono un accattone e insomma posso permettermi di buttare via 20 euro di diesel.
So che a tanti di voi non piacciono questi discorsi, ma io potrei dal basso della mia bassura contraddire parola per parola tutte le stronzate che racconta a Porta a Porta la ministra della Salute, l'esimia signora Lorenzini.
E ne avrei anche per quel cercopiteco di Renzi, e mi scusino i cercopitechi.




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venerdì 24 giugno 2016

BREXIT OPPURE GROGGY

Non so se devo congratularmi col 52% dei Britos che hanno votato NO all'Unione Europea, oppure piangere insieme al 48% di quelli che ci volevano restare, ancorché a modo loro. So solamente che sono contentissimo che si siano tolti dai piedi i figli della "perfida Albione", come li chiamava uno che li aveva capiti bene, Napoleone Bonaparte. Sì, perché è troppo facile stare con un piede a casa mia e uno nel corridoio, e quando ti fa comodo dire che stai anche tu a casa tua, mentre quando non ti piace ti basta tirare indietro il piedino. 
La Storia è piena dei soprusi perpetrati dagli Albionici, a cominciare dallo scisma che li portò alla Chiesa Anglicana, perché uno dei tanti loro Re voleva sposare tutte quelle che voleva lui e cacciare le ripudiate, ma se qualcuna non ci stava la faceva decapitare, vero Anna Bolena? E che dire della prima delle Elisabette che mandò a morte quella che probabilmente aveva più diritto di lei a sedere su quel trono, vero Maria Stuard? E che poi rimpinguò le casse del suo Stato con le ruberie della sua flotta non ufficiale, quella dei pirati, portandosi poi a letto il loro capo dopo averlo proclamato baronetto.
Ma queste sono cose vecchie.
Allora veniamo alle più recenti. Veniamo al diniego di Churchill di partecipare insieme ai tre Patres dell'Unione, Schuman DeGasperi e Adenauer, alla formazione di una nuova Entità politica, l'Unione Europea appunto. La vide subito come una nemica della GB di sua Maestà britannica, e pertanto una nemica. Poi la Tatcher la osteggiò in tutti i modi pur godendone la protezione quando le occorreva e da ultimo qualsiasi Governo britannico le fu contro fino a gioire e caldeggiare l'ingresso di tutti gli Stati dell'Est ex Unione Sovietica, perché se erano in tanti assai difficilmente si sarebbero potuti mettere d'accordo e formare quella Federazione o Confederazione da tanti altri, soprattutto dai tre Patres, auspicata.
Quindi se non abbiamo un'unione politica vera e un unico governo ma solo una moneta unica, da cui gli albionici si sono tenuti alla larga come fosse appestata preferendo la loro Sterlina, lo dobbiamo certamente anche alla miopia di certi governanti, vero Angela, ma soprattutto ai britannici. Angela è una europeista di cartapesta, d'accordo. Io non so se si fosse già trovata in sella quando entrò l'euro avrebbe fatto quello che quel grande statista di Helmut Kohl fece, rinunciare al marco. Credo di no, ma Angela Merkel è solo la Cancelliera, l'altro rimane un monumento, basta pensare alla riunificazione della Germania.
E adesso? Speriamo che non si verifichi un effetto domino, perché adesso sarebbe facile, un giochetto da ragazzini andare a Bruxelles e dire che noi non ci stiamo e facciamo un referendum del "o dentro o fuori".
A proposito di dentro o fuori. Io mi auguro che adesso l'Europa non conceda più nulla a questi signori britannici. Sento parlare di trattativa tra l'Unione Europea e la GB. Balle. Niente altro che un normale scambio di merci come con un altro qualsiasi Stato, niente sconti ma dazi da pagare alle dogane per questi extra comunitari. E mostrateci il vostro passaporto ogni volta che vi affacciate. 
Il mio augurio è che adesso la Scozia rifaccia un referendum per la propria indipendenza, loro che hanno votato col 62% per il Remain. E lo stesso faccia l'Irlanda del Nord, dove c'era una secca maggioranza per il Remain. Così rimarranno solamente Inglesi e Gallesi soddisfatti, ma a bocca storta.
Sono cattivo? Sono pessimo, come una volta mi ha chiamato una mia amica di web su Whats App.





martedì 14 giugno 2016

COME VIENE VIENE

Mi scuso coi miei lettori ed amici ma questo post non era programmato, per cui lo butto giù come viene viene, perché sono incazzato nero, direi imbufalito.
Domenica scorsa era venuto a trovarmi mio figlio per darmi la bella notizia, ma pensavo scherzasse, invece due minuti fa sono arrivate le foto su whats app e mi si torcono le budella.
Grazie governo italiano del cazzo, grazie assai.
Dunque le cose stanno così: per voi italica gente che vivete e figliate in Italia non ve ne può fregare di meno che i consolati italiani -già per natura lenti come le lumache e cari come le puttane d'agosto- siano adesso ancora più lenti e villani e inviperiti e scarsi perché sono stati tagliati gli schei, i surce, i danee, li sordi insomma, per cui il personale è stato quasi dimezzato e le parcelle raddoppiate. Si pagavano SEMPRE tutte le prestazioni, che venivano elargite, letteralmente sbattute in faccia da impiegati che pensavano di sedere alla mensa degli dei su nell'Olimpo sti brutti stronzi, ma almeno -dopo ore di fila- te lo davano il documento che ti occorreva, tanto per farti respirare quella sana aria italica di quando ti avvicini ad un ufficio comunale o dio ce ne scampi statale.
Adesso non più. Devi prenotare e loro ti danno "Terminen" appuntamenti insomma come per gli elettrocardiogrammi nelle USL, cioè tra tre mesi o giù di lì e se hai urgenza paghi la tariffa doppia. Robetta così, prendere o lasciare tanto non hanno concorrenza, ognuno di noi ha UN SOLO Consolato, io ad esempio che sto nella Renania Palatinato devo recarmi a Francoforte -160 chilometri da qui- mentre potrei andare a Stoccarda che sta a 55 chilometri ma è in un altro Land, il Bad Würtemberg, quindi nada. 
A Stoccarda va mio figlio che è residente a Karlsruhe, BW, e quindi autorizzato. 
I bambini hanno il passaporto che scade adesso in giugno. Per legge non possono più essere segnati coi genitori perché hanno più di otto anni, quindi necessitano di un pass per uno.
L'appuntamento, a pregare come si pregano i santi, mio figlio lo ha ricevuto a novembre. Avete letto bene. Oppure pagare il doppio della gabella, cioè il doppio di 162 euro che fa 324 euro. A TESTA. Totale 648 euro. 
I bambini sono nati in territorio tedesco e per lo jus soli, che qui vale per tutti, bianchi neri gialli e bicolore, hanno automaticamente la cittadinanza tedesca. Basta andare alla Rathaus, il Comune di residenza e in 10 minuti te lo fanno per 36 euro. Tutti e due, Cioè 18 euro per uno.
I mocciosi si sono ribellati. "Ich bin keine deutsche, strillava Alessia, ich bin italienerin".
Veramente io pensavo che avessero fatto i capricci come al solito e che il padre li avesse minacciati. "Se rompete ancora le scatole vi faccio diventare tedeschi".
Invece no. Non scherzava e non minacciava.
Su whats app le due foto di due musetti incavolati e su carta telata di color rosa scritto il loro nome e poi una riga sotto: Staatsangehörigkeit = deutsche.
Non ho assolutamente niente contro i tedeschi, anzi; ma i miei due nipoti no, non sono deutsche, sono italiani come il loro nonno, come i loro genitori.
Invece no, sono diventati crucchi di cruccaglia.
Perché il nostro amato governicchio ha dimezzato gli alimenti ai Consolati, tanto cosa ce ne facciamo di quei bastardi che stanno all'Estero?
I soldi servono qui, tutti, a noi in Italia per sovvenzionare le nostre spese, i nostri aereoplani da 220 milioni di euro, i nostri viaggi in tutti i buci di culo del mondo per farci ammirare quanto siamo belli e belle noi del PD e del quasi partito di destra e dei transfuga di Verdini il gran leccaculo.
La smetto gente perché mi è venuto il mal di pancia. Er mar de panza e mo me viè puro la cacarella li mortacci loro.


*****







sabato 28 maggio 2016

UNA GIORNATA DA DIMENTICARE IN FRETTA

Giovedì 26 maggio, festa del Corpus Domini, vacanza nei Länder cattolici -Bayern, Bad Würtemberg e Rheiland Pfalz, dove risiedo io- e quindi in pratica ponte fino a lunedì per chi ancora fatica per arrivare alla pensione. Federico ulula e lancia anatemi perché lui al Call Center della sua Compagnia Assicurativa ci va per il festivo e anche domenica. Mica dice che gli entreranno in tasca settecento euro in più per queste due giornate. Va là che sei un bel dritto. Insomma si prevede Karlsruhe deserta, a disposizione dei vecchietti sbavazzanti et claudicanti. Io non claudico, non sbavazzo non mi ci mischio col vecchiume locale ma decidiamo io e la mia lei di andare a fare un'escursione nella Schwarzwald, la Foresta nera, che poi invece è verde scuro, tempo permettendo. Le previsioni sono: poco nuvoloso, niente vento, niente pioggia e tanto sole. 
Apriamo gli occhi al mattino radioso...e invece piove, piove a dirotto fino a mezzogiorno, anche più ché oramai la gita è sfumata ed è inutile incazzarci, che poi mi incazzo solamente io, mentre lei non dice niente e si piazza sul divano col suo tablet.
Verso le due e mezza esplode il sole, finalmente, quello che scotta, ma è ora che scotti vivaddio, visto che finora aprile e maggio non ha fatto altro che piovere con un alternarsi di temperature estive ed invernali che fa schifo.
Nella Schwarzwald non si può più andare, troppo lontana e poi c'è un nero da quella parte che non mi piace proprio. Vabbè, rimaniamo qui, ma andiamo a farci una passeggiata sulla sponda Badenser del Vater Rhein, al di là del ponte. Così appena passate le tre pomeridiane metto le chiappe sulla macchina e si fanno sti tre o quattro chilometri fino al parcheggio sulla sponda sud del fiume. C'è pochissima gente, grazie a Dio. A me il troppo popolo, i mocciosi ruzzanti e i cani scacazzanti nell'erba fresca mi fanno venire pensieri da serial killer.
Ci sediamo nella solita panchina, vista ponte lato direzione Mannheim, Wiesbaden, Köln, Hamburg. Oggi è festivo e non potremo fare la nostra solita conta dei TIR, in media trecento ogni ora in una direzione, poi calcoliamo altri trecento in direzione opposta e fanno seicento. Occorre poco per calcolare in dodicimila al giorno, tenuto conto delle quattro ore di sosta obbligatorie, il numero dei TIR che circolano tutti i santi giorni e pensare che verosimilmente sto ponte del cacchio sta al limite massimo già adesso e forse succederà come quello di Wiesbaden che è stato rifatto di gran carriera perché scricchiolava di brutto. Non c'è la mafia nostrana a comandare, ma anche qui ci sono i cretini, perché sembra che con la pioggia crescano più velocemente e rigogliosi. 
Ce ne stiamo quindi al sole, io e AnnaMaria, come le lucertole e il tempo passa ma nessuno di noi ha voglia di svellere le chiappe dalla comoda panchina. Magari mi sta venendo un po' di appetito, ma oggi è festa e toccherebbe a me cucinare, per cui restiamocene qui più a lungo che si può.
Verso le diciassette sento un rumore come di un elicottero. Penso ad una esercitazione della Feuerwehr, i pompieri. Spegnimento incendi boschivi, la chiamano. L'elicottero tiene appeso un gigantesco contenitore, che tuffa nel fiume: il contenitore si riempie d'acqua e poi l'elicottero si rialza e va a scaricare l'acqua in un'altra parte del fiume fingendo sia quella la zona dell'incendio. Bello a vedersi col naso all'insù quando sai che non sta succedendo proprio niente. 
Questo però è un rumore diversissimo: non sono pale che ruotano, piuttosto un motore che gira al minimo e poi si impenna, starnutisce e si ingolfa, insomma boccheggia, a mio modesto parere. Sta arrivando da dietro le nostre spalle, ed è decisamente molto basso. Quando appare riconosco un Cessna. Ci passa sopra la testa e mi chiedo dove voglia andare.
"Ma non ti sembra troppo basso?", mi chiede AnnaMaria.
Di colpo cabra e vira verso il ponte.
"Ci va a sbattere", grida AnnaMaria "Ma chi è il solito suicida?"
"No, è in gravi difficoltà, ma il ponte lo sorvola, stai tranquilla", ma non ne sono tanto sicuro.
Ce la fa, ma poi si riabbassa di nuovo e davanti a lui adesso c'è Maximiliansau. Poi una distesa di campi quasi senza alberi. Penso che stia puntando in quella direzione, ma è maledettamente basso e il motore è agonizzante.
Non credo che passi più di un minuto, poi si sente un rumore sordo, come quando un camion alza il cassone e scarica un contenuto di cocci e di bottiglie sulla strada, un rumore che mette i brividi. Un attimo dopo oltre gli alberi si alza un pennacchio di fumo: il Cessna è arrivato. Siamo già balzati in piedi non so da quanto tempo. Il pavido uccellino che ho accanto mi si aggrappa ad un braccio, ma non pigola, non piange, solo è terrea in volto, esangue. Penso alla mia faccia come la possa vedere lei e le stringo la mano. Altro non posso fare.
Sirene da ogni parte. Sul ponte già arrivano da Knillingen, quartiere di Karlsruhe più vicino al fiume, le prime autobotti. A Maximiliansau, proprio vicino casa nostra, c'è la centrale dei Pompieri volontari, la Freiwillige Feuerwehr, altri ne arriveranno da Wörth. Per ora è tutta una sirena. Strano, non mi ero accorto che stavamo correndo verso la nostra macchina, eppure di questi tempi non è che io corra quasi mai, tantomeno lei, ma là c'è casa nostra e c'è la casa di nostra figlia Stefania. La paura è grossa. 
Imbocco lo stradone che porta al ponte infilandomi dietro un'ambulanza dei pompieri. Tira a mille e io dietro e chi se ne frega della multa se passo il ponte a più di 100 orari. 
La prima uscita è la nostra, sempre dietro il Rettungswagen. Quando arrivo alla rotonda all'ingresso del paese vedo subito che dalla parte di mia figlia non si alza fumo. Almeno questa è andata. Ma il Rettungswagen imbocca la strada a destra, quella che porta "anche" a casa nostra. Ho le budella rattrappite e sento lei che si lamenta, anzi no, sta pregando. Io non so farlo ma mi sto cacando sotto. Uno strano presentimento, strano per me che sono un inguaribile ottimista, ma questa volta ho la schiena ghiacciata. Il fumo è davanti a noi un mezzo chilometro, sulla sinistra esattamente nella direzione di casa nostra. 
Una traversa prima della nostra due macchine della Polizei bloccano la strada. Siamo in tanti, ma loro non si lasciano commuovere. Purtroppo la Römerstrasse, come tutte le altre strade di questo quartiere periferico, è messa a pettine: una serie di strade con una sola entrata e senza uscita, perché qui la gente di notte vuole dormire e di giorno vuole che circolino solamente gli Einwohner, gli abitanti del luogo, perché tutti devono conoscere tutti e non si vogliono vedere facce strane in circolazione. Ci metto un attimo a prendere una decisione: manovro e torno indietro.
"Passo davanti alla nostra vecchia casa", dico a mia moglie. "Lì pianto la macchina e ce la facciamo a piedi".
"Pensi che sia da noi?"
"Non penso niente. Tu prega."
Lascio la macchina in un parcheggio libero, ma ho già visto due poliziotti all'imbocco della strada che ho intenzione di fare. Non mi piace, non mi piace proprio per niente.
Ci bloccano. Vietato passare devono aver detto, o qualcosa del genere. Ma non li sto a sentire. Adesso guardo davanti a me e la vedo benissimo la nostra casa circa duecento metri da dove mi trovo, a due piani, quattro appartamenti, due a nord e due a sud, l'unica color rosa e con la scala centrale non laterale come quelle vicine. Sento il grido strozzato di AnnaMaria. L'ha visto anche lei da dove esce il fumo nero: esce dalla parete nord, per essere esatti dalla finestra in alto della parete, per essere ancora più esatti esce attraverso i rottami del Cessna infilato dentro la finestra. Quello è l'appartamento accanto al nostro, quello di Frau Eberle, quella mezza matta che a cinquantatré anni va sempre in giro in minigonna, che noi chiamiamo La vispa Teresa. Ma è una bravissima persona. Vive con la figlia più piccola, Evi, di ventidue anni. Vive o viveva? Mi rendo conto con raccapriccio che mi è passata per la mente questa orribile idea.
"Noi abitiamo lì dentro", farfuglio al poliziotto, mentre la collega si sta prendendo cura di AnnaMaria. 
"Resta tu- dice al collega- io accompagno la signora".
Mi è venuto il fiatone e non ho fatto che poche decine di metri. Ho il cuore cha va come il motore di una Kawasaki. Ad ogni passo aumenta la puzza di bruciato: lamiere bruciate, legno bruciato, mattoni bruciati, piante bruciate, vestiti bruciati. Anche carne umana bruciata? Un pensiero veloce all'asma di AnnaMaria. Non credo che resisterebbe due ore avvolta da questa puzza acre e caldissima.
Man mano che ci avviciniamo aumenta il guazzo per terra e dappertutto. I pompieri di ogni parte di mondo una volta in azione sono come i bambini quando li lasci da soli in piscina: frullano acqua cantando e ballando. Olialà olialò e giù barili e botti e spacca tu che spacco anch'io, infatti intorno a casa è tutto un cumulo di oggetti o residuati di oggetti che una volta servivano a qualcosa, mentre adesso servono solo ad affilare le ascie dei pompieroni nostrani.
Gli Einwohner, i nostri vicini, ci guardano come fossimo fantasmi. Gott sei Dank che non eravate in casa, mormora una vecchietta. Già, ma la mia casa c'è ancora? E che fine ha fatto Frau Eberle? Finalmente la vedo la nostra vispa Teresa, seduta sul muretto del giardino della casa di fronte semicircondata da vecchie e meno vecchie. Qualcune le accarezza la testa, altre le parlano e le parlano, ma non so se lei stia ascoltando. Sempre in minigonna, ma stavolta dà un'impressione tragica e non comica.
Mi ha visto anche lei. Si alza di colpo e mi butta le braccia al collo, poi fa altrettanto con AnnaMaria. Non si capisce se piangano o ridano. 
"Dov'è Evi?" mi sento che le chiedo.
"Da sua sorella a Berlino, per fortuna. È entrato proprio in camera sua."
"L'ha chiamata? L'ha avvisata. Stasera al Tagesschau danno la notizia di sicuro."
"Come la chiamo? Non ho più niente. Il cellulare era in casa. Adesso sarà distrutto."
"Senta, Frau Eberle...". Non so nemmeno cosa voglio dirle.
"Ascolta, che nome hai? Come ti chiami?"
"Amalia"
Un nome italiano, ma guarda tu che scoperta proprio adesso.
"Puoi usare il mio, o quello di AnnaMaria, ma devi telefonarle che stai bene, altrimenti le viene un colpo a tutte e due."
"Non trovo più Emu. Dove sta Emu? Chi l'ha vista?"
È la sua micia.
"Non dirmi che proprio oggi era in casa. Sta sempre in giro."
"Con tutta questa gente sarà scappata dalla paura, sempre che sia ancora viva"
"Sind Sie Herr Iacoponi?"
Il comandante dei pompieri mi sta davanti a gambe larghe. Un omaccione che mi sovrasta di tutta la testa.
"Ich bin's"
"Salga a controllare con i suoi occhi"
"Voglio venire anche io" mormora AnnaMaria.
"Non se ne parla proprio. Non riusciresti a tirare due respiri uno dietro l'altro"
Saliamo. L'acqua scende lungo gli scalini come un torrente in piena. A metà dell'ultima scala e sul pianerottolo è pieno dei pezzi della porta dell'appartamento di Frau Eberle. La mia porta è spalancata, ma non vedo segni di forzatura, né dei colpi delle asce.
"Come avete fatto ad aprire senza le chiavi?"
Il comandante mi dà un'occhiata che sa di compatimento.
"La porta della vicina è volata via per l'esplosione, non siamo stati noi. La sua l'abbiamo aperta con un passpartout"
Ovvio, un passpartout. Potevo risparmiarmela la figura del troglodita.
Dentro, a parte la puzza orribile e penetrante di fumo e di distruzione. mi sembra tutto in ordine. Sembra che il comandante abbia intuito il mio ragionamento.
"Guardi in alto. C'è una crepa lungo tutta la parete di comunicazione con l'altro appartamento, proprio sotto il soffitto"
L'ho vista adesso, e ho visto i quadri caduti per terra. I vetri sono a pezzi, due su tre.
"L'appartamento è inagibile. Tutta la casa deve essere risanata"
"E quanto durerà?"
"Quello che occorre. Lo stabiliranno gli ingegneri del Bauabteilung del Comune. Voi andrete in albergo. Per le spese pensa a tutto il Comune di Wörth, poi si fanno risarcire dall'Assicurazione dell'aereo."
"Dio che razza di casino! Non so nemmeno quello che posso prendere"
"Prendi quello che vi occorre per questa notte, a te e ad AnnaMaria, Vincens; domani torni con calma"
È comparsa all'improvviso, minuta ma decisiva come sempre, Frau Else S. l'ultima mia conquilina della vecchia casa, Kripobeamtin, un'ufficiale della Polizia criminale di Karlsruhe.
"Si è sparsa in fretta la notizia, come vedo"
"Siamo stati i primi a saperlo, noi della nostra Sezione"
"Che Sezione sei adesso"
"Una molto importante: antiterrorismo"
"Vuoi dire che voi pensate che si tratti di un attentato?"
"Perché no? Non capita tutti i giorni che un aereo ti entri in casa"
"Ma non è scoppiato, e poi qui non c'era niente."
"C'era gente no? Per questi qui tutto diventa un obiettivo. Mai abbassare la guardia. Comunque noi stiamo qui per verificare."
"Ascolta Else, forse è meglio che non dici che nell'altra casa è scoppiata una tubatura dell'acqua, altrimenti qualcuno potrebbe pensare che io porti sfiga"
Si fa una risata.
"Dimentichi che è scoppiata a casa mia, sarei matta a parlarne. Adesso però prendi l'occorrente per questa notte, poi domani con calma e senza tutta questa gente tra i piedi vieni a prenderti quello che ti occorre. Magari un po' al giorno. Qui ce ne sarà per almeno un mese."
"Devo andare a chiedere ad AnnaMaria dove i trova la sua roba. Lei sa tutto, ma io non so quasi niente"
"Come tutti gli uomini, vai vai"
Mentre scendo vedo salire dalla cantina dei pompieri infilati dentro tute di gomma che arrivano fino al petto, come quella dei pescatori di torrente. Butto giù un'occhiata e vedo con orrore che è pieno di acqua sporca fino al quarto gradino della scala che porta nelle cantine: almeno ottanta centimetri di acqua sporca. 
"Che è successo laggiù? C'è acqua?" chiedo ad uno dei pompieri così inguainati.
"Lo vede lei stesso"
"E la roba dentro le cantine?"
Spalanca le braccia.
Oddio. Tutti i cappotti invernali, e le scarpe, e cento e mille altre cose. Chi glielo dice adesso ad AnnaMaria? 
Un pensiero mi lacera il cervello: i miei quadri!
Le tele sono tutte nella soffitta di Federico. Qui tengo due cartoni con dentro tutte le tempere, gli acquarelli e gli acrilici su cartoncino e su carta speciale. Quasi un centinaio di lavori, alcuni vecchi di quaranta anni, di cui non posseggo nemmeno una fotografia. Erano tutti e due poggiati a terra. Non voglio nemmeno pensare a quello che sia successo.
Non dico niente ad AnnaMaria di questa mia ultima scoperta. Mi faccio dire cosa pensa le occorra e poi torno su a procurami quello che mi ha detto. 
È sbucato il primo cittadino di Maximiliansau. Ci fa la predica per dirci che da questo momento le nostre quattro famiglie sono sotto la personale protezione sua e dei suoi collaboratori. Ci sono per noi riservate quattro camere matrimoniali nella Gasthaus "Vater Rhein", l'albergo più lussuoso della zona. Vitto gratis fino a che non rientreremo in possesso dei nostri Wohnungen. Tutte belle, bellissime cose. Organizzazione alla tedesca, quindi dettagliata e perfetta. Non resta che aspettare che ingegneri, maestranze ed operai di una Baustelle comunale ci rimettano a posto le nostre case.
Torniamo a piedi alla nostra macchina tirandoci dietro Amalia Eberle, che si volta da ogni parte cercando la sua micia. All'albergo ci stanno aspettando come se fossimo i profughi da un'alluvione. Ecco la nostra Lampedusa, penso. Non mancano nemmeno i fotografi ed un paio di giornalisti, per ora. Gli altri verranno in massa. Arriverà anche la TV statale, la ARD o la ZDF, se non tutte e due e poi la RTL, che di questi casini vive.
La stanza è bella grande ed il letto morbido come dico io. È già qualcosa. Ci mostrano l'angolo dove hanno organizzato due grandi tavoli avvicinati come per una festa di famiglia. Che idea, però. Ma va bene così, tanto tra vicini siamo sempre andati d'amore e d'accordo.
Con la scusa di andare a prendermi il portatile scappo di nuovo via. Voglio vedere quando avranno prosciugato l'enorme guazzo quello che ne è stato dei miei quadri.
È arrivata un'autobotte enorme, che quasi non entra nel cortile. C'è una pompa in funzione che con due grossi tubi sta aspirando l'acqua delle cantine. Il rumore è assordante, ma sembra che funzioni. In un paio d'ore le cantine sono sgombre d'acqua.
Ritirano i due tubi e mentre l'autobotte si allontana comincio a vedere uscir fuori pompieri con quel che resta del contenuto della cantine: macerie sgocciolanti liquido putrefatto. Ce n'è per tutti i gusti ma io sto aspettando due scatoloni. Escono due giovan pompieri ridendo. Lì per lì non si capisce bene cosa stiano reggendo apparentemente con una certa fatica. Si dirigono verso l'angolo dove hanno ammucchiato la roba inservibile, che non si potrà più recuperare. Buttano quel che stanno reggendo, due contenitori e allora li vedo comparire finalmente i miei quadri, o meglio ciò che ne resta:  una poltiglia putrida e maleodorante.
Quelli sono i miei quadri, i miei lavori migliori, la mia gioventù, la mia vita...
mi accorgo che sto gridando con le lacrime agli occhi...
i miei quadri...
i miei quadri...
i miei quadri...

qualcosa mi soffoca, qualcosa mi batte con forza sul petto, sempre più forte e qualcuno mi sta parlando...mi sta gridando qualcosa...
ma cosa?

"Che hai? Stai male? Ti manca il respiro? E smettila di urlare ché sveglierai tutti"

C'è il viso di AnnaMaria vicino al mio. Mi parla, mi scuote. C'è una luce accesa, è quella dell'abajour sul suo comodino. Siamo a letto, ma non è il lettone della stanza della Gasthaus, è il nostro letto.
"Siamo tornati a casa?" le chiedo.
"Che dici? Tornati? Non ce ne siamo mai andati."
"Dov'è Amalia adesso?"
"E chi sarebbe questa Amalia?"
"Frau Eberle"
"Non si chiama Amalia, si chiama Gerda tanto per dire. È andata in vacanza, non ti ricordi che ci ha dato le chiavi perché dobbiamo occuparci di Emu, farla uscire al mattino e darle da mangiare e da bere?"
"Non è successo niente nel suo appartamento?"
"Ma cosa hai sognato?
Sì, è chiaro che ho sognato. Un incubo altro che un sogno. Ma mi alzo con la scusa di andare al gabinetto. Controllo intanto i miei tre quadri appesi sulla parete interna, sono intatti; nessuna crepa lungo il soffitto, niente puzza di fumo. È stato un brutto sogno.
Me ne torno a letto.
"Mi dici cosa hai sognato?"
"Domattina ti racconto il sogno. Adesso dormiamo"


*****
Se qualcuno dei miei amici lettori è stato preso da un attacco d'ansia vuol dire che sono stato bravino io a creare la giusta atmosfera di suspence. Ha contribuito la mia decisione di starmene un paio di giorni senza scrivere nessun commento, assente insomma, ma dovevo rendere credibile il racconto perché ci fosse la suspence. Mi scuso con tutti ma certe cose o si fanno bene o non si fanno affatto.
Insomma, vi è piaciuto oppure no?