Una data come tante, penserete. Invece no. Quel 24 gennaio 1960 era una domenica, all'incirca le dodici, all'uscita della chiesa del paese friulano dove un sorteggio aveva scaricato me insieme ad altri cinque sottotenenti di prima nomina, morti di freddo e tetri dentro di tristezza, perché dalla città di Udine eravamo capitati nel paesello.
Avevamo un appuntamento organizzato da un amico e collega di stelletta. Non conoscevo la ragazza, ma tanto dovevo fare solamente da palo, che importava che fosse bella o brutta, quindi aspettavo con animo depresso di vedere uscire sta cozza.
E invece sei uscita tu e la prima cosa che ho visto furono le tue gambe (anche perché da quella parte avevo guardato immediatamente). Mamma mia, ma quanto è alta? Gambe che non finivano mai, snelle, da cerbiatta, come piacciono a me. Poi si guarda sopra e c'è il cappotto che copre tutto o quasi, ma non proprio tutto perchè sotto le spalle c'è un rigonfiamento niente male e poi quel collo lungo e finalmente siamo alla faccia. Capelli fulvi, ricci, occhi grigio verdi, ovale perfetto e poi quelle labbra! Esistono per essere baciate quelle labbra lì. Ma si dovrà aspettare la sera di martedì 27 gennaio per assaporarle.
Dopo un po' che stiamo insieme a chiacchierare mi accorgo che non sto più pensando a Maria Luisa. Maria Luisa chi? Ah già, quella che consideravo il mio grande amore perduto per una vaccata fatta da lei, che aveva sposato un altro. Maria Luisa chi? Quella che non riuscivo a levarmi dalla testa? Ma dove era andata a finire? Come potevo non avere altro per la testa che questa qui, che ha anche un doppio nome, anche una Maria da pronunciare. Anna Maria si chiama e me lo dice a mezza voce, quasi sussurrandolo e poi sempre a bassa voce parla, con un tono che ti scivola dentro come un ruscelletto.
Certo in quei primi momenti ho pensato a cento cose molto interessanti, mai però che cinquantacinque anni dopo sarei uscito di soppiatto per andare a comperarti una pianta, diversa da tutte le altre di cui è piena casa nostra, perché tu la ricordassi in modo particolare. Mai avrei pensato che avremmo messo al mondo quattro figli e messo su una piccola tribù, dove sono tutti onesti e nessuno, nessuno porcaccia vacca, è meno che bello e qualcuno è bello da matti. Beh da un fattore e da una fattrice così si aspettavano cose belle. E sono arrivate, ma soprattutto brava gente, che si è fatta e che si sta facendo strada in questo mondo.
Ne abbiamo passate di tutti i colori insieme noi due, ma mentre tanti che conosciamo e che conoscevamo, tutti che non litigavano mai, si sono già lasciati da anni, noi due che litighiamo un giorno sì e l'altro pure, stiamo ancora qui insieme.
Una ragione ci sarà, dico io e la conosco come la conosci tu.
Auguri signora Iacoponi e complimenti per esserti mantenuta come eri, con parecchie rughe in più ma sempre bella e lo dicono gli altri, mica solamente io.
Questo non è un omaggio, ma un bisogno: il bisogno di farti sapere quanto bene ti voglio.
Ti ricordi come eravamo giovani? A te mancavano undici giorni per fare ventidue anni, a me sedici per farne ventisei. Mamma, che bello che era. Dormivo a pancia sotto (anche tu) e non ronfavo (nemmeno tu).
Vogliamo provare ad arrivare al settantesimo anno di conoscenza? Si tratta in fin dei conti di soli quindici anni. Dai che ce la facciamo.
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