mercoledì 30 luglio 2014

ERRORI COME FIGLI


Errori come figli legittimi.

Non mi nascondo, 
resto sul posto come una vecchia
bandiera sgualcita e bagnata
a segnalare la mia umana presenza.

Del giudizio altrui poco o niente mi curo.

Chi mi amava non mi ami più,
chi già mi odiava mi detesti.

Una folata di vento 
e in cima alla collina rimarrà
solo quella vecchia bandiera bagnata
e ormai strappata qua e là
a segnare il punto esatto dove io seduto
e corrucciato attendevo

la fine di ogni tempo.


Maximiliansau, 29 luglio 2014


***

lunedì 28 luglio 2014

UNO SPECCHIO



Io sono uno specchio
reso opaco dal tempo,
sporco come un vetro
mai lavato; 
chiunque in me si specchia
vede immagini false,
contorte, innaturali:

autostrade a due piani
accavallati l'uno sull'altro,
case capovolte
con soffitte in luogo di cantine,
giorni invece di notti,
alberi con fogliame inabissato
nel suolo al posto di radici,
amanti che mi tradiscono

per un soffio di vento,

e gente che mi accusa ignorando
e si trastulla coi suoi giochi da indovini
nelle fiere di paese.

Nessuno però si ferma di notte,
ogni santa notte
quando ripulisco lo specchio dall'unto
e dal sudiciume,
ad ascoltare
il silenzio della mia solitudine.

Scritta di notte a Maximiliansau, il 28 luglio 2014

***


venerdì 25 luglio 2014

MARE, MARE


Mare, mare, fermati un momento,

solo il tempo di inabissarti dentro una vecchia
scala, che non si veda là dove
finisce, e tu laggiù
diventato immobile e muto
mi attiri seducendo
in ogni momento del resto di mia vita
per tutti gli scalini che discendo;

sopra ognuno mi fermo
e da una nuova
onda mi lascio avvinghiare
e rivestire
come da un velo di sposa
finché più nulla del mio corpo resti

e io, diventato acqua di mare
trasparente, salata, diafana
e impalpabile,
non debba morire mai più

lasciando che il mio corpo trasformato
in oceano e risacca

si depositi sul fondo, tra conchiglie,
stelle marine e scogli
odorosi di salmastro.



Iniziata nel 1952 a Civitavecchia,
sospesa per decenni,
conclusa il 25 luglio 2014
in Maximiliansau.

***



mercoledì 23 luglio 2014

KUNDEN NUMMERN 5000087894983

Finalmente è arrivata la lettera. 
Apro e leggo: 
"Sehr geehrter Herr Iacoponi,
hiermit .....insomma le rendiamo noto con la presente che lei il giorno bla bla bla, alle ore bla bla bla, è passato a velocità elevata sulla strada che da...porta a...infrangendo le regole stradali. La sua velocità registrata dall'apparecchio cavolozzo fritto PQRST 78/45 era di 89 chilometri orari. Consentiti 80 chilometri orari, tolleranza fino a 84 chilometri orari, pertanto lei deve al Comune di Wörth am Rhein la somma di 25.- euro.
Allegata cedola per bonifico bancario.
Allegata foto del guidatore del veicolo targato GER. EA. 563, di sua proprietà.
Gentili saluti"
A soreta.
Però bella sta foto, no Annamarì? 
Troppo naso.
È il mio.
Quanto?
25.
Te li paghi.
Tutto qui il colloquio amoroso con la signora Iacoponi.
Adesso mi riemerge tutta la storia di quel mercoledì mattina. 
Stavo andando a Landau, all'Università per andare a prendere mia nipote Cristina, che era senza macchina e doveva venire a casa nostra. Passo per quella strada ogni giorno, minimo due volte e si potrebbe dire che conosco anche le buche e gli avvallamenti del manto di asfalto. Ci sono lavori in corso minimo per sette mesi all'anno e mai, ripeto mai, ci ho trovato "der Geier", l'avvoltoio piazzato lì a fottere i fessi. Era sicuramente ben nascosto. Troppo ben nascosto. 
Duecento metri oltre eccolo il poliziotto con giubbotto giallo e rosso catarifrangente e la paletta dello "ALT  POLIZEI" mostrata debitamente a me, proprio a me.
E che vuole adesso questo qui?
Saluta correttamente avvicinandosi con passo lento e tronfio di chi sa che a te già bollono le budella. Colgo appena con uno sguardo le fattezze niente male della collega, che si è messa a debita distanza pronta a tirar fuori la schizzapiselli se per caso colui che è stato fermato fosse un criminale pericoloso.
Vuole mostrarmi i suoi documenti e quelli della macchina, che sta guidando?
Dov'è sta cazza de borsa? Sempre quando mi serve non la trovo mai. La pesco sopra uno dei sedili posteriori, semisommersa da un pullover della mia signora.
Consegno all'Officer la mia patente, il documento dell'auto e la mia Carta d'identità. Tutto molto asettico e tranquillizzante. La giovane collega sorride sollevata.
Il Capo staffetta va a fare il controllo via computer dei miei dati e torna dopo un paio di minuti e mi contesta l'infrazione. Inutile protestare: tutto documentato in Germania, tutto estremamente preciso e pulito.
Non c'è mai stato un Gaier in questa tratta, gli rispondo, per cui non ho badato alla velocità; comunque non andavo come un missile.
Nove chilometri di troppo, Herr Iacoponi. E poi avrebbe dovuto guardare sulla destra: avrebbe visto la nostra postazione mobile, der Gaier come lo ha chiamato lei.
Se avessi guardato a destra e non davanti con quel traffico che c'è sempre in questo punto sarei sicuramente andato a sbattere su qualche altra macchina, non trova Officer?
Si può sempre dare un'occhiata veloce.
Vuole avere ragione per forza, Officer?
È lei che ha torto, non io che ho ragione, Herr Iacoponi.
Non gli rispondo, altrimenti finiamo a spintoni.
Guarda di nuovo i miei documenti prima di restituirmeli.
Scusi, Herr Iacoponi, ma questa sulla patente è la foto di suo figlio?
Cominciamo male camadoi, questo sfotte.
No, Officer; quello sono io quarantadue anni or sono. Avevo 38 anni.
Vedo, Herr Iacoponi. Abbastanza somigliante. Ma vedo pure che lei è nato il 9 febbraio 1934.
E allora?
Lei ha ottanta anni.
Qui mi si girano le emorroidi. Scendo con passo elastico, il mio che lo crediate o no, non quello fatto apposta per quel sacripante di un poliziotto.
Cosa vuole insinuare, Officer?
Voglio solo dire che a una certa età...
Stop! Chiuda quella boccaccia prima che io vada fuori dai gangheri, Officer. Quella che lei chiama "una certa età" è un'età che mi permette di pensare, agire, scrivere, dipingere, e rispondere a lei in modo che la pianti di fare discriminazioni avventurate. Mi sono spiegato, Officer?
Io non stavo discriminando, io volevo...
Non me ne fotte un cavolozzo fritto quello che lei voleva o non voleva. Io sono in perfetta salute e i miei riflessi sono ancora eccellenti. Lei piuttosto quanti anni ha, Officer?
Trentadue, Herr Iacoponi, ma non vedo cosa...
Glielo faccio vedere io, Officer. Lei ha trentadue anni e suda sotto il sole come un maiale, io invece sono asciutto e non butto fuori nemmeno una stilla di sudore.
Complimenti, ma non mi sembra che...
Voglio solo farle notare che quando lei avrà la mia età probabilmente si piscerà sulle scarpe. Io invece piscio ancora sui muri, Officer.
La giovane collega comincia a ridere a mezza bocca. Avrà si e no venticinque anni ed è anche carina.
Non vedo proprio la similitudine, Herr Iacoponi.
Volevo dire, Officer, che lei sarà allo stadio M.B.N.Z.P. cioè em be en zet pe.
Ripete lentamente.
E che significa questo acronimo?
Man braucht nur zum pinken.
La giovane collega si allontana ridendo a crepapelle. Lui mi ridà i documenti in fretta e furia.
Le auguro buon viaggio, Herr Iacoponi.
Metto in moto e riparto veloce. Adesso posso permettermi una bella risata. Solo vedergli la faccia valeva la pena di prendere sta multa. Meno male che sono solo e non c'era anche Anna Maria, altrimenti sai quanto mi avrebbe rimproverato. Ma in fin dei conti cosa gli ho detto? Tu finirai con un SSPP, serve solo per pisciare.
E giù una bella risata strappalacrime.

lunedì 21 luglio 2014

NOIA


Noia di un pomeriggio
prematuro di sole,
graffia i muri del mio balcone,

mastica nidi di insetti
sotto la crosta dell'asfalto, si disperde
in rivoli di colore
lungo la corteccia
dei gelsi.

Aspetto l'ombra della notte.


Karlsruhe, 1 aprile 2014

venerdì 18 luglio 2014

ENAS GHERONTAS STEN AKROPOTAMIA *


A Giorgio Saferis

Ma bisogna pensare a come andiamo avanti:
ché sentire non basta.
Ma bisogna pensare dove andiamo,
non come vuole il nostro dolore,

cantavi tu in riva al lungo
fiume che nasce dai grandi laghi chiusi
in fondo all'Africa.

Io qui difronte al mio potamòs
antichissimo padre, tiranno,
divinità non consacrata e mai
sconsacrata, biondo, fuggente e caduco
dai mille volti di giorno e di notte,
mi stordisco e mi inebrio
nel ricordo delle mie stagioni più limpide.

Scorre der Vater Rhein come sangue
umano nelle vene e a me che fisso
senza paura né affanno lontano
per carpire dietro l'ultima ansa
il respiro fuggente della sua vita e della mia
lascia trasalimenti quotidiani
di minuto in minuto più rabbiosi,
pingui di noia per irrisolti quesiti,

a me, viandante irresoluto, cui la stanchezza
le vene aggrava di veleni, aiuta questo fiume grande
a misurare i giorni e la cadenza
delle notti dalle rapide schiume
che bordeggiano a riva e nelle erbe
più nuove si disperdono.

Così, proprio così, mi si disperde in cuore
un flusso di sentimenti che non oso
analizzare, timoroso delle risposte
a ipotizzati quesiti che mai porrò finché
lo sguardo non mi cada sull'ultima
ansa della mia vita.

E allora scorra pur via
lasciandosi dietro
il mesto dondolio
della mia solitudine diventata sabbia
mentre si squamano in pianto
queste sommesse ricordanze.


* Un vecchio sulla riva del fiume

Maximiliansau, 18 luglio 2014



mercoledì 16 luglio 2014

RANDAGIO


Cercando lontano dai lampioni accesi
un sollievo all'insonnia
cammino lungo muri
invasi dalle ombre;

unico suono le mie suole
che scivolano sul selciato
in questo villaggio dove nemmeno
un cane randagio timoroso e in fuga
incontri nella notte,

che da lontano
guata le tue mosse, 
che s'allontana a ogni
passo che fai.

Qui sono io l'unico
randagio di me,
come l'ombra della luna
in cielo.


Maximiliansau, 10 aprile 2014

*


lunedì 14 luglio 2014

IN QUESTO MOMENTO



Foglia caduta al suolo
da cime lontane, 
se ne ode il richiamo
del vuoto appena lasciato,

la traccia ancora
è fresca;

voce congelata appena
sgorgata,
muto

rumor d'un passo 
solo accennato;

vita
inconsumata
nell'assoluta indifferenza umana,

in questo momento
immobile.


Maximiliansau, 11 aprile 2014

*


venerdì 11 luglio 2014

NUMEROSA SOLITUDINE




Aggiungo questo mio vivacissimo silenzio
alla numerosa solitudine di chi
è passato attraverso di me;

illusione dodecafonica del nuovo
che si conia durevolmente
e si trasforma lasciando spazi vuoti,
disabitati percorsi, tortuose immagini
create per sviare sospetti, convergenze mute,
ingannevoli schiume d'aria
che trasportano pollini spenti 
della mia fantasia.

Mi trovo a costruire inganni
come esibizioni dal trapezio senza rete
planando sugli errori di vite ormai concluse. 


Maximiliansau, 3 maggio 2014

mercoledì 9 luglio 2014

LA GRANDE SCHIFEZZA

Belo Horizonte, 8 luglio 2014 ore 17,13

È cominciata da pochi minuti la prima delle due semifinali di BRAZIL 2014. 
Marcelo corre a perdifiato sulla fascia sinistra e si dribla da solo, perdendo palla. Un teutone la conquista, la porta avanti nella prateria lasciata aperta dai difensori brasileri che avanzano alla viva il parroco verso la porta difesa da Neuer. Marcelo torna indietro precipitosamente e riesce a rimediare in angolo. Si gira verso i compagni e chiede scusa.
I Teutoni battono l'angolo esattamente come tutti si aspettavano che facessero, tutti meno che i grandi difensori del Brazil, che abboccano a una finta di Klose e vanno in tre su di lui lasciando libero a quattro metri dalla porta l'unico che in quel posto è veramente micidiale, un certo Thomas Müller, professione affodatore di vecchie barche. Ruiz che lo doveva marcare se l'era perso e Müller tranquillo tranquillo batte di piattone e mette al centro della porta, leggermente alla sinistra di Julio Cesar. Inopinatamente Julione si butta a terra invece di allungare il piede sinistro -il SUO piede, lui che è mancino- e mandare in tribuna, come avrebbe fatto Neuer al suo posto e quindi alle 17,13 a Belo Horizonte c'è la sagra degli errori, altrimenti detta "sagra delle puttanate" e i Teutoni stanno 1 a 0.

Alle 17,29 solamente sedici minuti dopo i Teutoni conducono 5 a 0.

Questo non era mai successo nei mondiali fino ad oggi. 
Nemmeno quando uno squadrone incontrava la peggiore del lotto.
Mai in una semifinale, dove arrivano le quattro migliori nazionali del mondo.
Considerato che quella che sta sotto di cinque è la nazionale più titolata del mondo, considerato che si gioca in Brasile -in casa loro- considerato che questa nazionale carioca non perde in casa partite ufficiali dal 1975, non resta che dire INCREDIBILE.
I giornali tedeschi escono stamattina con titoli tipo "questa vittoria rimarrà nell'eternità" e che quelli brasiliani parlano di "vergogna" e di "lutto nazionale".

Ma la partita continua e i Teutoni cercano di segnare ancora, dimostrando a chi li conosce come me che sono terribilmente sciocchi e vanitosi.
Fino alla fine attaccano, anche sul 7 a 0 cercando e sfiorando più di una volta l'ottavo gol, perché -e questo ve lo svelo perché io vivo qui da 43 anni- volevano arrivare in doppia cifra, volevano finire 10 a 0. Avete letto bene. Non sanno cosa significa rispetto della dignità altrui, rispetto per 200 milioni di brasiliani che vivono di calcio, rispetto per avversari già deboli nonché indeboliti dall'assenza forzata dei due migliori, Neymar e Thiago Silva, soprattutto questi che era l'organizzatore della difesa.
Per questo ho intitolato la grande schifezza questo mio pezzullo: la grande schifezza di un vecchio pensionato, di nome Scolari, tecnico somaro dei brasiliani che ha mandato in campo contro la squadra più lenta del lotto un mucchio di scemi che correvano verso la porta di Neuer lasciandosi dietro una prateria incoltivata. Senza un concetto tattico, senza un idea di gioco collettivo, senza difesa, senza cuore e senza coglioni.

Schifezza di giocatori così scarsi da non potersi confondere con TUTTE le nazionali brasiliane presentate ai mondiali, per mancanza di tasso tecnico -tolti Neymar assente perché infortunatosi gravemente, Thiago Silva squalificato per quel turno, Julio Cesar che comunque ha le sue colpe, e Maicon che ancora si ricorda degli anni ruggenti all'Inter ma che oramai ha il peso di una carriera sulle spalle- per mancanza di orgoglio, di sufficiente forza atletica, insomma mezze figure che rappresentavano la nazione più evoluta in senso di spettacolo del mondo del calcio e soprattutto per mancanza di cuore.

Schifezza della nazionale tedesca, che sul 7 a 0 continua ad insistere per segnare ancora, dimenticando un principio sacrosanto, che cioè se batti 7 a 1 una squadra significa che hai battuto delle schiappe e quindi automaticamente diminuisci il valore della tua vittoria.
I tedeschi sanno perdere, lo hanno fatto abbastanza e hanno imparato a non frignare, ma non sanno mai vincere.
Ora aspettiamo la seconda finalista, ma non sarà una grande finale: l'Olanda è tutta potenza e l'Argentina è tutta Messi e poco altro.
La Germania, e non se la prendano i tanti ammiratori di questa nazionale perché magari simpatizzanti della grande cultura tedesca anche se il calcio nulla ha a che vedere con Kant, Hegel, Beethoven, Bach e Mozart, è una squadra tosta, quadrata ma non brillante, anche se batte il Brasile -o meglio i fantasmi del Brasile- per 7 a 1

lunedì 7 luglio 2014

OBOE DI CRISTALLO


Un oboe di cristallo, levigato e messo
a nuovo, ricuce ritmi dispersi,
suoni sciolti da ormeggi,
vibrazioni vellutate sopra i pianori
di una eccitante curiosità,
di un corposo brivido sopra la crosta
della mia solitudine.

Distilla il succo della tristezza
lasciata libera. Volano ombre su muri
disadorni di case mai abitate,
diroccati, privi di aria e di sole.

Riconquisto ogni momento di questa
vita rinnovata, disseppellisco onori
riesumata la voglia di tenere
dritta la prua verso l'orizzonte
sconosciuto che ogni momento
si allontana da me e allarga
il raggio delle sue prestazioni.

Tempo selvaggio di nuove vedute,
camminamenti nascosti, viottoli erbosi
mai calpestati finora.


(Maximiliansau, 5 luglio 2014)


giovedì 3 luglio 2014

NEKNOMINATION

Tre mesi dopo, prosciugate tutte le sue lacrime, mia moglie puntò feroce un dito contro di me.
-È colpa tua! Sei stato troppo duro con lui. Lo hai reso tu insicuro e fragile.
Questa accusa senza possibilità di repliche produsse nuovi sensi di colpa dentro la mia martoriata coscienza. Per tentare di placarli dovevo venire a sapere cosa veramente fosse successo quel sabato notte di tre mesi prima. La polizia aveva parlato di incidente o di suicidio, e a me che ostinatamente escludevo questa dannata ipotesi la giovane ispettrice della Kripo, Frau Schulz, una donna minuscola con la faccia da topo, aveva risposto con un mezzo sorriso stanco: "Sapesse che strani sistemi adottano i giovani per togliersi la vita; sembra un concorso di originalità e di stranezze." E me ne aveva elencati un paio. Tuttavia non mi aveva convinto: Massimiliano amava la vita, le ragazze, la bellezza; Massimiliano aveva progetti e forti aspettative, non era da lui troncare la sua vita in quel modo. Avevano trovato accanto al suo corpo due bottiglie di Fundador vuote, scolate fino all'ultima goccia e non c'era nella stanza nemmeno un bicchiere con residui di brandy.
"Tracannato direttamente dalla bottiglia entrambe le volte, probabilmente una dietro l'altra" aveva detto Frau Schulz.
"Un litro e mezzo di alcool? -avevo obiettato- Ma perché?"
"Una bravata andata a male -mi aveva risposto la Schulz- oppure la ferma volontà di ottenere un collasso etilico, esagerando al massimo la concentrazione di alcool nel proprio cervello"
Ma non mi aveva convinto.
A Massimiliano stava andando tutto alla grande. Era stato nominato relatore del suo corso all'Università; aveva una splendida ragazza, innamorata cotta di lui, aveva amici fidati; una famiglia che lo adorava e non gli faceva mancare nulla. Quale motivo aveva per farla finita?
Una bravata conclusa in tragedia, aveva insinuato la poliziotta col muso di topo. Macché! Massimiliano era moderato in tutto, non esagerava mai; aveva la capacità di fermarsi sempre un momento prima e che gli altri facessero quel che volevano, lui tirava dritto per la sua strada.
Dovevo documentarmi sulle sue ultime ore, sui suoi ultimi giorni per cercare di venirne a capo.
Incominciai da Helèna, la sua ragazza, che gli era stata più vicina di tutti l'ultimo anno. I genitori li avevo conosciuti al funerale. La madre piangeva quel giorno abbracciata a mia moglie. Vollero sapere se ci stavamo riprendendo.
-Non ci si rimette mai bene in piedi quando ti muore un figlio, risposi. Purtroppo si sopravvive in un mare di tristezza.
Ma Helèna non mi aiutò molto nella mia indagine. Mi disse cose che già sapevo, niente di sensazionale, la solita routine di un giovanotto di ventidue anni innamorato della vita. Escluse anche lei un qualsiasi gesto disperato.
-Gli andava tutto in discesa, perché farlo?
-Perché voleva ubriacarsi? Le chiesi.
Rispose dopo aver riflettuto a lungo.
-Forse qualcuno voleva che si ubriacasse.
Una lampadina rossa mi si accese davanti.
-Sai chi potrebbe essere stato?
-Negativo.
-Chi può aiutarmi, Helèna?
-Forse i suoi intimi amici, Mark e Robert.

Mark tagliò corto con una certa insofferenza, lasciandomi il sospetto che sapesse di più del nulla che mi stava riferendo.
-Ero andato a trovare i miei a Monaco di Baviera. Sono rientrato il giorno dopo la sua morte.
Robert invece era l'anello debole della compagnia, quello che se la faceva subito sotto dalla fifa.
Cominciò a farfugliare alla mia prima domanda. Alla seconda piagnucolava. Gli avevo chiesto se qualcuno aveva fatto ubriacare mio figlio, riempiendolo come un uovo.
Dopo aver deglutito a lungo e mugugnato mezze parole, si nettò dell'abbondante moccio e finalmente parlò in modo comprensibile.
-Ci sono video su Youtube e su Facebook di gente che si ingozza di alcool a garganella e poi crolla mezzo morta.
-C'è anche quello di Massimiliano?
-No, nessuno finisce col morto.
Volevo vederci chiaro e continuai a bombardarlo di domande, finché a tozzi e a bocconi non venne fuori la verità. 
-Si chiama Klaus Beck. È un chitarrista disoccupato. La sua band si è sciolta per mancanza di contratti e lui organizza queste gare che filma mandandone poi i video sulla rete. Campa così.
Incredibile che ci fosse gente disposta a pagare per certe schifezze, ma questi erano i fatti.
-Come si organizzano queste gare e in che cosa consistono, chiesi; fanno a chi beve di più?
La spiegazione che mi diede mi fece accapponare la pelle. Stentavo a crederci, ma Robert era ormai in uno stato in cui non si raccontano più balle.
-È una sfida. Si chiama Neknomination. Le dico quello che fa Klaus. Lui gira un video dove lo si vede stappare una bottiglia di whisky e berla a garganella. Alla fine nomina una persona e la sfida a fare altrettanto. Chi accetta la sfida va a casa di Klaus e lui gira il video.
-Massimiliano è stato trovato con accanto due bottiglie vuote di Fundador. Una l'aveva bevuta Klaus? 
-Impossibile. Klaus beve soltanto Bourbon, ma...
-Ma, cosa?
-Non c'è whisky dentro la sua bottiglia, solo the. Deve averne bevute due per costringere suo figlio a fare altrettanto. Max non beveva mai whisky, solo cognac o brandy. Lo sapevano tutti.
-Quindi Klaus ha truccato la gara. Ma perché fargli bere due bottiglie?
-Voleva fargli fare una figura di merda. Pensava che sarebbe crollato per terra. Voleva fare colpo su Helèna che gli è sempre piaciuta.
Così stavano dunque le cose. Un figlio di puttana per portare via la donna a un altro organizza questo schifo e ci fa scappare il morto. Non potevo lasciargliela passare liscia.
-Come trovo questo Klaus? Chiesi a Robert.
-Abita in un magazzino della Mainkai, nella zona del porto.
-Il numero civico?
-È l'unico con la facciata dipinta di rosso e rossa è la sua BMW decappottabile. Klaus ama il rosso.

Il magazzino con la facciata rosso fuoco era al centro di un ampio piazzale. La decappottabile rossa parcheggiata davanti al portone. Il rosso era il Klaus-colore non si scappava.
Lasciai il mio Mercedes CLS nero accanto alla BMW, presi dal portabagagli lo zaino che avevo preparato, aprii la porta dello stabile e salii le scale verso i piani superiori. "Non c'è ascensore; il montacarichi è dall'altro lato dell'edificio e lui abita all'ultimo piano", mi aveva detto Robert. Il terzo, come potei constatare.
-Cerca qualcuno?
Mi era apparso alle spalle.Era come me lo aspettavo: alto quanto me però più massiccio, ben provvisto di tatuaggi con piercing alle orecchie.
-Se tu sei Klaus, sto cercando proprio te.
Entrò precedendomi in uno stanzone attrezzato come l'atelier di un fotografo professionista. Lampade e schermi bianchi dappertutto.
-Di che si tratta, amico?
-Di una nomination. Mi hanno dato buone referenze su di te.
Ridacchiò.
-In effetti me la cavo niente male.
-Allora si può fare subito. Vedo che qui c'è tutto l'occorrente.
Mi sembrava non tanto d'accordo.
-E lo sfidante dov'è?
-Sono io.
-Me l'ero pensato. Il fatto è che non so se può funzionare con una persona....
Cercava le parole.
-Con una persona anziana, vuoi dire?
-Non più tanto giovane, mi corresse.
-Ho tracannato ettolitri prima che tu nascessi.
-Una boccia intera?
-Pure due qualche volta.
-Sarà una bella competizione allora.
Armeggiò un paio di minuti sulla sua strumentazione accendendo luci e spostando schermi. Infine attivò una telecamera.
-Bene, disse; siamo pronti.
Andò verso un armadio, ne aprì un'anta e ne estrasse una bottiglia di Bourbon del Kentucky.
-Incomincio io, disse.
-Ma non con quella, amico.
Mi guardò con una faccia priva di espressione.
-Io non faccio il pieno di birra.
-Lo so, solamente di the.
Aveva corrugato la fronte. Si poneva domande in gran fretta. Non gli lasciai il tempo di farmele. Estrassi dallo zaino due bottiglie di Jack Daniel's del Tennessee.
-Devi bere queste.
-Non ci penso nemmeno.
-Stappale alla svelta, amico e scolatele.
Fece lentamente di no con la testa. Introdussi di nuovo la mia destra nello zaino e la ritrassi con estrema lentezza. Impugnava una Mauser C96, un cimelio perfettamente funzionante. Armai la pistola tirando indietro il carrello.
-Scommetto che te le scoli tutte e due ste bottiglie.
Gli puntai la Mauser al petto.
-Chi diavolo sei? Gli tremava la voce.
-Il padre di Massimiliano.
Deglutì a fatica. Era sbiancato in faccia.
-Io non c'entro, ha fatto tutto lui.
-Bevi Klaus e facciamola finita.
Teneva d'occhio solamente la canna della pistola, che reggevo ben ferma in pugno. Quel buco nero che non oscillava doveva dargli un senso di vertigine, glielo leggevo negli occhi.
Si decise a stappare la prima bottiglia. Diede un'ultima occhiata alla Mauser e bevve in meno di un minuto. Fece un profondo respiro e scaraventò lontano la bottiglia vuota.
-Quell'altra, Klaus.
Sentii la mia voce dura come una lama di acciaio.
-Non ce la farò mai.
-Massimiliano ce l'ha fatta. Adesso tocca a te.
Non riusciva a stapparla. Finalmente il tappo saltò via. Mi guardò disperato.
-Bevila fino all'ultima goccia.
Ci riuscì in due lunghe sorsate. Alla fine scivolò per terra a pancia all'aria. I suoi muscoli non lo reggevano più. Gli andai vicino e gli toccai il collo: il sangue pulsava velocissimo; aveva gli occhi rovesciati verso l'alto fin sotto le palpebre.
Riposi la Mauser nello zaino, ne tirai fuori un lungo cacciavite.
Gli tenni la testa con la sinistra e gli diedi un colpo secco alla gola, sprofondandovi il cacciavite fino al manico. Quando lo ritrassi dalla ferita non uscì nemmeno una goccia di sangue.
Che culo, pensai; ho salvato i vestiti.
Riposi il cacciavite nello zaino. Diedi una lunga occhiata alla telecamera  che era sempre in funzione, raccolsi lo zaino e me ne andai.
Mentre mettevo in moto il mio CLS arrivarono due auto piene di ragazzi e di ragazzine in minigonna. Ci avrebbero pensato loro ad avvisare la polizia. Una fatica in meno.

Mi chiusi nel mio studio e scrissi una lettera per mia moglie. "Dovevo farlo, le scrissi, altrimenti non avrei potuto sopravvivere".
Sistemai un paio di cose in sospeso. Indossai una camicia pulita e una cravatta. Erano anni che non ne mettevo una, nemmeno al funerale ne avevo fatto uso, ma non volevo fare brutta figura. Preparai una 24 ore con le cose che mi sarebbero servite per fare la barba, lo spazzolino per i denti, un paio di forbicine per le unghie e le mie medicine solite. Ci misi anche la Bibbia. L'avevo comperata una decina di anni prima e mai letta. Quella era l'occasione buona per farlo.
Aspettai alla finestra e quando vidi le due auto verdi della polizia con le luci blu alternanti, ma senza sirena, fermarsi davanti al nostro portone, presi la 24 ore e uscii.

(Un ringraziamento a Cristiana 2011, che mi ha dato l'idea con un suo post)