sabato 31 agosto 2013

RAMI SECCHI



Rami vengono tagliati
perché secchi;
radici vengono amputate
di piante malate, 
inutili,
non più feconde.
Occorre appoggiare un'accetta tagliente
in un angolo della casa:
aspettare il momento propizio
e non chiudere gli occhi nel colpire. 

venerdì 23 agosto 2013

UN MOMENTO


Solo,
adagiato sul fiato 
del mondo,
galleggio senza fine.

Un momento
che vale tutta una vita.



Ragazze e ragazzi, vi lascio momentaneamente con questa poesia, scritta questo pomeriggio guardando il cielo purissimo dal balcone della casa alsaziana di mia nipote.
Arrivederci a presto.
Ciao a tuttiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii !!!

martedì 20 agosto 2013

CLANDESTINO



Incolpevole e nudo
vittima di un destino beffardo
sto appeso alla notte,
clandestino
nel mondo degli altri.

domenica 18 agosto 2013

ESEMPIO DI DRAMMATURGIA

Dal tempo dei banchi del liceo ho imparato a considerare la tragedia come la massima espressione della poesia: l'Agamennone di Eschilo, l'Antigone di Sofocle, la Medea di Euripide, e poi Racine e Shakespeare fino al Pirandello dei Sei personaggi, senza dimenticare Paolo e Francesa e il Conte Ugolino del Ghibellin fuggiasco.
Ma non è solamente la poesia ad essere elevata nella tragedia, ciò che conta è la drammaturgia, l'arte cioè della rappresentazione scenica, sia essa definita nei limiti del proscenio di un teatro, oppure lasciata libera di trovarsi tutto lo spazio che le occorre nei campi sterminati della fantasia.
Mi sono ritrovato, io quasi miscredente cronico dichiarato, a cercare nel Nuovo Testamento una delle massime drammaturgie, delle più emozionanti e tragiche rappresentazioni sceniche. Sto parlando dell'episodio dell'adultera, Giovanni, 8, 1-12.
Consideratela come una messa in scena: Gesù viene fermato e condotto in un cortile dai Farisei, che vogliono incastrarlo e metterlo alla prova. In un angolo, sotto un immaginario faretto, sta una donna.
"Costei è un'adultera, dicono i Farisei; secondo la nostra legge deve essere uccisa. Cosa ci proponi di fare?"
E cosa fa il protagonista del dramma? Si china a terra e scrive col dito sulla sabbia. Cosa scriva nessuno sa, e questo è il dramma nel dramma. Non solleva la testa, non risponde, scrive. E tace.
Qui è il massimo della rappresentazione drammatica: la vittima predestinata in un angolo, appena illuminata perché tutti la vedano; il protagonista al centro, nel fiato sospeso di tutti che sono in attesa di una sua parola, di un suo gesto, sono cioè tutti in attesa di un evento risolutore che consenta la conclusione della rappresentazione.
Ed ecco che il protagonista parla e pronuncia la frase storica: "Chi è senza peccato scagli la prima pietra".
L'umile evangelista Giovanni ignora di avere scritto la pagina più alta della tragedia moderna. Né Eschilo, né Sofocle, né Shakespeare né altri, nemmeno il sommo Dante avevano e avrebbero poi raggiunto questo livello di pathos.
La scena lentamente si svuota, il dramma è finito, l'autore ha toccato il massimo vertice possibile della drammaticità.
È una riflessione che ho fatto stanotte, mi è sembrato utile riferirvela qui oggi.

mercoledì 14 agosto 2013

DITA DELLA SERA



Dita della sera sempre
sulla mia fronte;
odio
la mia faccia
e lo specchio che mi riflette
ombre tra ruga e ruga;
l'inganno è dentro
i miei occhi,
che ridono
beffardamente
mentre intorno tutto si lacera.

lunedì 12 agosto 2013

OGNI GIORNO DI MENO



Qualcuno ha chiuso la porta della stanza
dove alloggia la mia intelligenza,
ne ha serrate le finestre dall'interno.
È tutto buio adesso.

Qualcuno si diverte a farlo
da qualche tempo
e io dimentico la strada
per arrivare a capire me stesso,
ogni giorno di meno.

sabato 10 agosto 2013

ANCORA SENZA TITOLO




Deposito le scorie di un pensiero,
soltanto abitudine oramai,
procedendo a tentoni
nella memoria che sbiadisce.

Non so più cosa vi cerco.

Posso smettere quando voglio,
posso smettere immediatamente
e forse anche prima.

giovedì 8 agosto 2013

SENZA TITOLO


Sospeso
il mio sogno sulla tiepida aria dell'alba;
precipita appena colpito dai primi
raggi del sole.

Nemmeno il ricordo:
non vale la pena cercarlo.

martedì 6 agosto 2013

ATTESE

ATTESE


Opaco l'occhio
che mi guarda,
un muto
rimprovero nascosto;
ombra sopra
un volto amico,
sofferta;
domanda sillabata
per una risposta
che non c'è.

E quindi silenzio.

Vieni a prendermi, sorella,
ti sto aspettando
qui.

domenica 4 agosto 2013

IL NANO GONGOLA

Il primo agosto 2013 mia nipote Sofia ha compiuto 18 anni. Le ho telefonato:
"Hai una bella natica, nipotina. Potrai dire di essere entrata nella maggiore età il giorno in cui per la seconda volta è crollato il Muro di Berlino, in cui sono andati a puttane venti anni di storia politica italiana, in cui l'Italia si è liberata di un oppressore".
Non gliene fregava niente, beata lei.
Invece le cose stavano proprio così: dieci milioni di italiani piangevano e imprecavano; almeno altri sei milioni si asciugavano una lacrima, recriminando di non essere andati a votare -per Lui- nell'ultima votazione.
Tutti gli altri ballavano come fanno i sorci quando il gatto è stato ammazzato.
Italia divisa, spaccata in due, come non succedeva dalla fine dell'ultimo conflitto; anzi come non succedeva dal mese di luglio 1943.
Uno solo gongolava, stravaccato sopra una morbida  capace poltrona, con le mani incrociate sulla trippa e un sorriso a tutta faccia: l'abitante di Palazzo Grazioli a Roma.
Era stato un successo trionfale stipendiare tutti quei giudici, tutti quei PM per tutto il tempo, ora ne poteva godere i frutti finalmente. Il suo sogno di immortalità si era avverato. Era sì durato un sacco di tempo, ma i giudici della Corte di Cassazione col loro verdetto avevano fatto diventare Santo e Martire un ometto, già diventato Beato il giorno in cui un idiota con un duomo di Milano in plastica gli aveva spaccato la faccia. 
L'Italia tutta aveva visto l'immagine dolorosa del nuovo Cristo sfregiato, che saliva sul solito predellino dell'auto della scorta per mostrare al mondo la sofferenza sua.
Beato subito per acclamazione.
Ma la cosa più difficile in questa nostra patria è, da sempre, la santificazione e con tutti questi cambi in corsa di Pontefici la cosa più difficile era trovarne uno consensiente.
Meglio molto meglio che fosse il popolo a proclamarlo santo. E così è avvenuto.
"In nome del popolo italiano" ha esordito il Presidente della Corte di Cassazione, e il popolo italiano ha proclamato Berlusconi Santo e Martire.
E adesso dall'alto dei cieli governerà e proteggerà il mondo, almeno la parte che gli conviene e che gli appartiene.
Ma, e qui sento già il coro dei tantissimi "ma", solo quelli della sua parte.
Aspettate fratelli, abbiate fede.
Roma esultò nel 1943 quando Mussolini cadde, ci furono scene turche, indimenticabili, di giubilo: il popolo italiano era felice e libero.
Soltanto cinque anni dopo, nel periodo delle elezioni politiche più importanti e incerte della patria nostra, la gente del popolino andava in giro scuotendo la testa e dicendo "aridatece er puzzone nostro", insomma ridateci il Duce, che sto casino non l'aveva mai fatto.
Tempo qualche anno saranno ben pochi gli oppositori convinti. Siamo italiani portati a dimenticare in fretta e a ricordare solamente quello che ci fa comodo. Un Santo Martire che ci guarda benevolo dall'alto dei cieli farà comodo a tutti.
Intanto il nuovo Santo gongola e pensa che i soldi degli stipendi di tutti i giudici e PM spesi in questi lunghi anni gi ritorneranno cogli interessi moltiplicati negli anni a venire.
E così sia.